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CARCERE ARTICOLATO

Il detenuto trascorre tutte le ore di tutte le giornate della sua reclusione all’interno delle mura carcerarie. La conformazione spaziale del carcere riveste quindi un ruolo di primaria importanza per la vita di chi vi abita. L’architettura del carcere riflette sempre il mandato politico di un’epoca, vincolando ciò che è possibile e ciò che non è possibile fare. Una più complessa articolazione spaziale ricalca le tipologie architettoniche proposte negli anni '70, breve fase storica in cui assistiamo al tentativo di conferire maggiore dignità al luogo della pena.

Pro

  • Percorsi più lunghi: punto di vista allontanato e variato, possibilità di maggiore movimento.

  • Spazio più articolato e variegato significa maggiore caratterizzazione degli ambienti.

  • Maggiore salubrità degli ambienti: più luminosità e ricambio d'aria.

  • Possibilità di adattamento a diverse condizioni detentive e ad attività ibride e interstiziali: si presta più facilmente a una gestione più flessibile della struttura e quindi della pena.

Un’altra caratteristica dei Collegi che a me sembra importante è che sono una dichiarazione di ostilità esplicita alle attuali tendenze all’unificazione e all’omologazione. Sarebbe stato facile riprendere nei tre Collegi che sono venuti dopo il modello che era stato adottato nel Collegio del Colle, per pervenire a una grande struttura continua e omogeneo.

Ho voluto invece fare un’architettura articolata e diversa in ogni sua ramificazione: perché è diverso il paesaggio, perché diversi sono – e devono essere- i gruppi sociali che popolano il Collegio universitario, perché svariata è la città di Urbino.

Di conseguenza, i Collegi di Urbino sono ben lontani dal principio panottico che ordina le caserme e i carceri di sicurezza, gli alberghi, le scuole, ecc... dove tutto è chiaro e tutto si vede da un punto di osservazione privilegiato [...]

 

Italo Calvino era venuto a Urbino e aveva dormito al Collegio del Colle. Gli avevo chiesto, la mattina dopo, come si era trovato in quell’ambiente un po’ particolare. E lui mi aveva detto che tutto gli era molto piaciuto, ma quello che gli era piaciuto di più era stato che in quel Collegio uno potrebbe uscire al mattino perché deve incontrare una ragazza che gli piace. E allora comincia a seguire un percorso; però, a un certo punto, il percorso si dirama ancora, e sale e scende e va in obliquo e offre sempre più scelte; finché arrivi a un ultimo incrocio dove incontri un’altra ragazza che ti piace ancora di più e ti dimentichi della prima: la tua vita cambia e la causa è l’architettura.

 

La descrizione mi era piaciuta molto perché corrispondeva a quello che avevo cercato. Mi dicono che ai Collegi ci si può perdere e io penso che perdersi è il modo migliore per capire il luogo.

 

Chi abita i Collegi memorizza gli spazi non in modo meccanico ma personale. Tutti sono abituati a edifici fatti di lunghi corridoi con le stanze sui due lati. Per muoversi ai Collegi di Urbino bisogna pensare, cercare riferimenti spaziali, perdersi e ritrovarsi. Riferimento può essere un albero in fiore, oppure una scala che piega in modo singolare, oppure il dover scendere alcuni gradini.

Cerco di non creare nella mia architettura situazioni di anonimato che possano favorire spazi di pigrizia. Penso che sia necessario essere attivi verso lo spazio se si vuole che lo spazio risponda; altrimenti è come essere in una scatola di sardine, senza altra possibilità che di giacere su un fianco attaccati a un’altra sardina.

 

 

da Conversazioni con Giancarlo De Carlo,

di Franco Buncuga, 2000

Contro

  • Rischio di non consapevolezza della totalità della struttura detentiva.

  • Articolazione degli ambienti poco razionale dal punto di vista gestionale: dispersiva, necessità di un maggior numero di agenti di custodia e punti di controllo.

  • Necessità di aree di intervento più vaste.

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