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La piazza del Palazzo [di Giustizia], gremita di folla, si presentava ai curiosi affacciati alle finestre come un mare nel quale cinque o sei strade, come altrettante foci di fiumi, rovesciavano ad ogni istante nuovi flutti di teste. Le onde di questa folla, alimentate continuamente, si scontravano contro gli spigoli delle case che sporgevano qua e là come altrettanti promontori, nel bacino irregolare della piazza. Al centro dell’alta facciata gotica del Palazzo, la grande scalinata, salita e discesa senza sosta da una doppia corrente che, dopo essersi spezzata sotto la scala di mezzo, si spandeva a larghe ondate sulle due rampe laterali, la grande scalinata, voglio dire, si rovesciava incessantemente nella piazza come una cascata in un lago. Le grida, le risate, lo stropiccio di quei mille piedi producevano un grande rumore e un gran frastuono. Ogni tanto questo frastuono e questo rumore raddoppiavano, la corrente che spingeva tutta quella folla verso la scalinata indietreggiava, si agitava, turbinava.

[...]

Le porte, le finestre, gli abbaini, i tetti brulicavano di migliaia di buone facce borghesi, calme e oneste, che guardavano il palazzo, guardavano la calca, e non chiedevano di più; perché molta gente a Parigi si accontenta dello spettacolo degli spettatori, e per noi è già una cosa che suscita grande curiosità un muro dietro il quale accade qualcosa.

[...]

Col permesso del lettore, cercheremo di immaginare l’impressione che egli avrebbe provato con noi superando la soglia di questo salone in mezzo a quella folla in sopravveste, in casacca e in cottardita. Per prima cosa, ronzio nelle orecchie, barbaglio negli occhi. Al di sopra delle nostre teste una doppia volta ad ogiva rivestita di sculture lignee, dipinta d’azzurro, decorata di fiordalisi d’oro; sotto i nostri piedi un pavimento di marmo a scacchi bianchi e neri. A qualche passo da noi, un enorme pilastro, poi un altro, poi un altro ancora; in tutto sette pilastri disposti nel senso della lunghezza della sala che sostenevano nel punto più ampio della sua larghezza le linee di imposta della doppia volta. Attorno ai primi quattro pilastri, botteghe di mercanti, tutte scintillanti di vetri e lustrini, attorno agli ultimi tre, panche di legno di quercia consumate e levigate dalle brache dei litiganti e dalle toghe dei procuratori.

 

 

 

da Notre-Dame de Paris,

di Victor Hugo, 1831

 

Contro

  • Stigmatizzazione del detenuto dovuta alla sua visibilità.

  • Facilità di comunicazione diretta con il mondo della criminalità.

  • Impossibile trovare luoghi nella città che possano consentire questo tipo di struttura.

Pro

  • Parziale autofinanziamento del carcere grazie allo scambio commerciale.

  • Incentiva lo scambio verbale con la cittadinanza.

  • Valorizzazione delle competenze dei detenuti, ad esempio tramite il personale sviluppo di forme di artigianato, e acquisizione di competenze volte a favorire il reinserimento post-detenzione.

  • Creazione di uno spazio pubblico generato da una funzione abitualmente esiliata “dal pubblico.”

  • Pro di CARCERE DENTRO LA CITTÀ

    e di CARCERE CATTEDRALE.

CARCERE PIAZZA

La posizione del carcere nella città sancisce la volontà di connessione o meno con il resto della cittadinanza libera.

Il carcere piazza è, all’interno della città, un luogo pubblico per tutta la cittadinanza, in cui è possibile recarsi e incontrare competenze uniche da scambiare.

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